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Shantih

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La Peste – Albert Camus
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La Peste – Albert Camus

Introduzione

Orano viene colpita da una violenta epidemia. Indifesa la città nordafricana spalanca le porte alla pestilenza. La malattia che si propaga tra i soleggiati viali e le strade del centro ha un nome temibile e ben noto, un nome che suona come una solenne condanna divina: Peste. La piaga biblica miete placidamente vittime tra i cittadini che sembrano quasi non curarsene, si cullano nella confortante illusione che prima o poi andrà via da sé. Ma col passare dei giorni, delle settimane, dei mesi e delle stagioni la situazione diventa esponenzialmente più grave. È impossibile oramai illudersi e consolarsi sperando in un prodigioso miglioramento. La popolazione viene servita su di un piatto d’argento alla morte, alla disperazione e alla pazzia. In questo clima apocalittico il dottor Bernard Rieux, rinunciando alla fuga, organizza e dirige un gruppo eterogeneo di volontari disposti a lottare la Peste. La malattia, con la sua incombente minaccia, si fa propagatrice di solidarietà costringendo chiunque a prendersi cura del prossimo. E mentre i volontari sfidano la morte i superstiti prigionieri di Orano si trascinano tra le abitudini della vita quotidiana. Di fronte all’oppressione della malattia il dottor Rieux e i suoi compagni pianificano la rivolta contro il male; ognuno con le sue motivazioni, le sue paure, i suoi obiettivi e i propri interessi. Tutti cercano di liberarsi, di redimersi da quella piaga che li perseguita inseguendo un proprio ideale superiore.

La metafora del Male

Cos’è il male? Non è facile rispondere. Eppure, tutti sappiamo bene di cosa si tratta, lo conosciamo e lo combattiamo quotidianamente. Nonostante ciò ci comportiamo come se non esistesse e anche ammettendo la sua esistenza lo trattiamo con sufficienza, ne parliamo con distacco, lo sentiamo lontano e ce ne preoccupiamo solo quando ci è prossimo. Lo temiamo a tal punto da scacciarlo persino dai nostri pensieri, fino a privarci della capacità di darne una definizione incontrovertibile. Come gli abitanti di Orano continuiamo ottusamente ad ignorarlo fino a quando non siamo irreversibilmente coinvolti, fino a quando non siamo spacciati.

Non essedo in grado di definirlo possiamo pur sempre tentare di dargli metaforicamente un volto. Il terrorismo, i totalitarismi, l’olocausto, le armi atomiche, il cancro, satana, le catastrofi naturali sono tutte validissime metafore del Male assoluto. Ma nell’immaginario collettivo, e in maggior misura in quello europeo, il Male è identificato con la più grande minaccia della storia dell’uomo: la Peste. Il virus è riuscito a guadagnarsi un ruolo da protagonista nei panni del Male. Ne sono testimoni l’incredibile numero di documenti che, dopo l’assurdo numero di decessi, hanno testimoniato la potenza devastante di questa malattia. Lucrezio, Virgilio, Boccaccio, Edgar Allan Poe, Alessandro Manzoni e la Bibbia hanno contribuito a rendere la Peste il simbolo universale del male.

L’epidemia che ciclicamente ha tormentato e decimato l’umanità deve essere apparsa ad Albert Camus come la candidata perfetta per ricoprire il ruolo di antagonista. Lo scrittore francese si appresta a scrivere il romanzo che accompagnerà il saggio filosofico “L’uomo in rivolta”. Camus infatti scrive a coppie, i suoi testi filosofici sono sempre integrati da un romanzo che non è altro che la trasposizione letteraria in chiave narrativa del saggio. “La Peste” e “L’uomo in rivolta”, dunque, trattano lo stesso argomento in forma diversa. Ma chi è l’uomo in rivolta? E come si palesa il medesimo contenuto ne “La Peste”?

Innanzitutto, l’uomo in rivolta è chi riesce ad accettare la morte in virtù della certezza di un bene superiore che scavalca il destino e combatte a fin che questo suo valore sommo possa essere preservato. Si ritrova a dover fronteggiare il mondo in cui la mancanza di senso e l’assurdità tiranneggiano, in cui credere nel bene superiore, qualunque esso sia, vuol dire entrare in aperta rivolta contro la natura e i suoi insensati meccanismi, la politica e le sue minacciose derive, la vita e la sua vuotezza. Egli difende un proprio diritto che viene posto al di sopra di tutto. Il motivo della rivolta è la negazione di questo sacrosanto diritto.

In altre parole, la rivolta è necessaria all’esistenza. L’uomo ha bisogno di un ideale da difendere per dare, se non un senso, quanto meno un obbiettivo alla vita così apparentemente assurda e insensata: “Mi rivolto, dunque siamo”. E non a caso Rieux rappresenta appieno il Rivoltoso benché, ognuno a proprio modo, quasi tutti i personaggi lottino per il proprio Bene messo in discussione dal Male. Ma per il medico la peste rappresenta il nemico su ogni piano. Per lui è insopportabile assistere al rifiuto della morte che in questo caso è dovuto all’inaccettabile contingenza. Come lui stesso ci spiega la Peste diviene il motivo del crudele svolgersi degli eventi che proprio non riesce a mandar giù:

Quando ho scelto questo mestiere, l’ho fatto per certi versi in maniera astratta, perché ne avevo bisogno, perché era un lavoro come un altro, uno di quei lavori che si ha in mente da ragazzi. […] Poi mi è toccato veder morire. Lo sa che ci sono persone che si rifiutano di morire? Io sì. E allora mi sono accorto che non riuscivo ad abituarmici. Ero giovane e credevo che la mia avversione fosse rivolta contro l’ordine stesso del mondo. Dopo sono diventato più modesto. Semplicemente, non mi sono ancora abituato a veder morire.

La Filosofia Pratica

La Peste custodisce al suo interno riflessioni su temi estremamente importanti resi facilmente comprensibili anche a chi non è avvezzo a letture troppo impegnative. Merito del doppio talento dell’autore che riesce ad essere nello stesso momento drammaturgo e filosofo. I due volti di Camus si mescolano nelle sue doppie pubblicazioni che accostate rendono possibile osservare la profondità del suo pensiero. Non si deve credere che i romanzi del pensatore facciano da sfondo ad un’opera parallela, non sono assolutamente “la prova del nove” delle sue teorie filosofiche ma parti integranti dell’opera filosofica.

Questo è chiaro sin dalle prime pagine de “La peste”. Camus non ci sta dimostrando che quello che afferma è vero, preferisce metterci davanti all’innegabilità dei fatti. La chiave di lettura de “La Peste” è la metafora tramite la quale si riescono a trattare più temi contemporaneamente. Il lettore viene spinto alla riflessione critica, la Peste è sì simbolo del male ma soprattutto una moltitudine di sue metafore. La peste può in questo modo diventare la Metafora del Nazismo (o più in generale dei totalitarismi) inteso come piaga del ‘900 ma anche metafora della stessa condizione umana. Insomma, il lettore è spinto ad indagare il proprio male personale e, in tal modo, scoprire qual è il suo ideale, qual è il suo motivo di esistere.

Allo stesso modo la centralità della morte e la sua costante presenza sono le circostanze necessarie per far sì che possano essere mostrate le inclinazioni più profonde e nobili dell’uomo. I personaggi di cui Rieux, alter ego di Camus, si circonda sono estremamente diversi tra di loro, appartengono a diversi ceti sociali, hanno fedi differenti, obiettivi e valori talvolta opposti. E, come ripetuto più volte, reagiscono a loro modo al male. Di fronte alle difficoltà ognuno assume un atteggiamento differente mostrando senza troppe cerimonie la caratteristica fondamentale del proprio carattere. È tra queste sfumature caratteristiche del singolo uomo che l’autore ci indirizza verso la caratteristica fondamentale di tutti noi: L’umanità.

Ecco perché “La Peste”, come tutti i romanzi del filosofo francese, non si riduce alla mera narrativa. Camus con la sua straordinaria opera ci dimostra la praticità della filosofia, vuole insegnarci a vivere, a combattere e a sopravvivere. Vuole togliere il velo posto sui nostri occhi per mostrarci ciò che conta realmente. Ma ci mette in guardia: avere dei valori e lottare per difenderli è pericoloso.

Io ne ho abbastanza della gente che muore per un’idea. Non credo nell’eroismo. So che è fin troppo facile e ho scoperto che uccide. A me interessa che gli uomini vivano e muoiano per ciò che amano. […]

Perché leggere La Peste

In un presente tumultuoso in cui le riflessioni sulla condizione umana sono scavalcate a favore di dibattiti inconcludenti e futili un testo come “La Peste” si rende centrale nello sviluppo di un pensiero critico. Le condizioni in cui l’Europa versa non sono poi così diverse da quelle da cui ci vuole mettere in guardia Camus. La cosiddetta crisi economico-politica attuale riesce ad occultare il più profondo motivo del suo essere che non riguarda propriamente le istituzioni, bensì la società nella sua totalità. Sarebbe più corretto quindi definirla una Crisi Sociale o forse più precisamente Culturale. In questo ambiente trovano la strada spianata le proteste e gli estremismi, gli stessi fenomeni che poco più che cento anni fa sfociarono nel Nazional Socialismo, nelle politiche espansionistiche, nella Rivolta di ottobre e, infine, nel secondo conflitto mondiale. L’animo sensibile di Albert Camus, profondamente scosso dall’ostilità dell’ambiente a lui contemporaneo, ha deciso di mettere in guardia le generazioni a lui future, le generazioni che non hanno potuto vivere quelle terribili esperienze sulla propria pelle.

“La Peste”, tra le sue innumerevoli chiavi di lettura, vuole metterci in guardia dai pericoli del nostro tempo. In un mondo in cui vengono messi in discussione principi scientifici fondamentali, in cui i fanatismi si rendono portavoce del malcontento generale, in cui la tutela del singolo diviene più importante della tutela della collettività, la condizione Umana è minacciata. Questo libro mette a fuoco l’esistenza Umana nel momento di massima disperazione facendo riflettere il lettore su ciò che davvero è giusto, sul proprio Ideale. Riesce a mostrare le due facce del Mondo: il Sommo Male ed il Sommo Bene. Ecco perché la lettura de “La Peste” è doverosa.

 

Scritto da Matteo Sputore in 01/07/2018 / 274 Views
Tags | Albert Camus, La Peste

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